Usiamo le emoji con troppa leggerezza e dovremmo smettere: ecco perché ma soprattutto quali sono le più pericolose.
Le emoji ormai sono entrate a far parte del linguaggio comune di milioni e milioni di persone. I vantaggi dell’usare disegnini e faccine con varie espressioni sono moltissime. Sicuramente permettono di esprimere velocemente stati d’animo complessi, soprattutto quando non vogliamo oppure non possiamo digitare lunghi messaggi.
Per questo motivo le emoji si sono diffuse a macchia d’olio, conquistando praticamente tutte le generazioni anche se, com’è stato ormai dimostrato dall’esperienza quotidiana di moltissimi utenti, il loro significato cambia a seconda delle generazioni che le utilizzano.
Per fare un esempio pratico, se nel corso di una chat viene inviata l’emoji di un teschio, una persona più adulta (o addirittura anziana) potrebbe pensare che si tratti di un augurio di morte o comunque di un messaggio non proprio piacevole. Al contrario le generazioni più giovani utilizzano l’emoji del teschio per sottolineare frasi e concetti estremamente divertenti, che fanno “morire dal ridere”.
Sempre le giovani generazioni hanno poi cominciato a utilizzare l’emoji del pagliaccio in maniera molto particolare, tanto de renderla una delle emoji più offensive in assoluto da inserire in una conversazione. Quando un giovane invia un pagliaccio, infatti, sta sottintendendo che il suo interlocutore è un pagliaccio, cioè un buffone, una persona senza credibilità.
Dal momento che le emoji sono così utilizzate praticamente in qualsiasi conversazione digitale, è stato orma stabilito che a livello legale valgono quanto le parole o i concetti a cui corrispondono.
Per fare un esempio molto pratico e facile da capire, l’emoji della cacca, pubblicata sulla propria bacheca Facebook, accanto al nome di una persona, ma anche utilizzato in una chat di gruppo in riferimento alla persona in questione potrebbe renderci passibili di diffamazione perché è ovvio che attraverso quell’emoji non stiamo esattamente facendo un complimento alla persona a cui si riferisce. Qualcosa di molto simile potrebbe avvenire con la già citata emoji del pagliaccio.
Chi pensa che si tratti di un’esagerazione dovrà assolutamente ricredersi e il motivo è semplice: ci sono già stati atti legali contro coloro che hanno utilizzato emoji in maniera impropria, e non è finita bene.
Basti sapere che il TAR del Lazio ha dato assolutamente ragione a un datore di lavoro che ha licenziato in tronco una dipendente “solo” perché la ragazza aveva fatto un video su TikTok indossando la divisa del lavoro. Nel video la lavoratrice si lamentava del fatto che fosse solo mercoledì e aveva aggiunto le immagini di “occhi strani e una lingua di fuori” per esprimere meglio il suo malcontento. Il caso della condanna per diffamazione ricevuta per aver pubblicato una cacca sul proprio profilo FB è avvenuto invece a Verona.
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